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TRASPORTO MERCI: IMPRESE AL COLLASSO, CHIEDONO AIUTO ALLA POLITICA

TRASPORTO MERCI: IMPRESE AL COLLASSO, CHIEDONO AIU

«Un altro 20% di imprese in meno: è la dimostrazione più evidente di quanto sia grave la situazione del comparto trasporto merci artigiano di questa provincia e, più in generale, di questa regione». Liberale Presot, capo categoria dei trasportatori artigiani di Confartigianato Pordenone, denuncia la crisi che ha colpito il comparto determinata solo in parte dalla congiuntura economica, e in modo molto più determinante «dalla concorrenza sleale».

«La nostra regione – spiega Presot - , di per sè si trova in una zona geografica di confine molto delicata e soggetta ai transiti dei vettori provenienti da paesi terzi e dai nuovi paesi dell’est integrati nella comunità europea da poco tempo. Dunque, le barriere sono state rimosse e i controlli sono quasi inesistenti se non occasionali. Di fatto il Friuli Venezia, Giulia da corridoio di entrata obbligatoria si è trasformato in una regione di traffici vettoriali fuori di ogni controllo dove i vettori stranieri trovano facile aggancio per trasporti abusivi e sottocosto gestiti da imprenditori senza scrupoli, agenzie di intermediazione, se non addirittura da trasportatori italiani che accettano noli sottocosto passandoli a titolo di mera speculazione ai vettori di oltre confine».

Il quadro normativo italiano ed europeo ha un che di accanimento nei confronti delle imprese regolari che hanno sede in provincia e in regione, «tanto che i controlli sulla strada sono asfissianti, determinano l’emissione di sanzioni talmente pesanti da porre a rischio la sopravvivenza della stessa impresa. I verbali degli organi di polizia – prosegue Presot – conducono quasi sempre a ulteriori verifiche dell’ispettorato del lavoro che applica sistematicamente le tutte le sanzioni possibili previste nei casi di mancato rispetto, anche di pochi minuti, dei tempi di guida e di riposo».

Per contro «nulla succede o quasi, a quelle organizzazioni che fanno proprio il trasporto in regione percorrendo la via della slealtà professionale e obbligando i trasportatori seri e preparati ad adeguarsi a loro volta per non essere tagliati fuori completamente dal mercato».

«Le leggi italiane sono sempre più penalizzanti, tanto che hanno imposto anche per coloro che da anni fanno questa attività, di ritornare sui banchi di scuola per frequentare corsi molto lunghi e costosi e affrontare difficili esami. Devono presentare affidamenti bancari per oltre 50.000 euro – aggiunge Presot - mentre nel resto d’Europa sono sufficienti 9.000 euro. I vettori che iniziano l’attività anche con mezzi piccoli devono acquistare a carissimo prezzo una licenza incrementando il mercato delle autorizzazioni che è in mano a speculatori che nulla hanno a che vedere con il trasporto».

L’Italia nulla ha fatto per proteggere una parte importante del proprio tessuto economico, quella, ovvero il trasporto merci, che ha contribuito a creare un sistema Paese e a far risalire i gradini della competitività. «Ed è evidente il disinteresse politico verso i nostri vettori su strada che vedono da sempre i concorrenti storici come le poste, la ferrovia, le navi, gli aerei e quant’altro imporre ai clienti il loro prezzo per i servizi di trasporto, addirittura pagato prima del servizio.

Il trasporto merci su strada opera sotto costo e senza regole certe, con pagamenti a discrezione dei committenti che negli anni hanno trasformato il comparto ad una sorta di servizio in dipendenza in cambio del quale, anziché consegnare la busta paga, accettano di ricevere una umiliante fattura, non sempre pagata», è la considerazione di Liberale Presot.

«Credo siano comprensibili le ragioni di tanta amarezza che serpeggia negli animi dei vecchi e storici imprenditori di questa provincia e di questa regione, che hanno riversato il frutto del loro lavoro negli investimenti, creando posti di lavoro preziosi e sempre onorati con stipendi adeguati ai sacrifici dei loro autisti, in contrapposizione a tanti improvvisati imprenditori del settore che hanno capito la possibilità di speculare su altri poveri cristi senza ne arte ne parte provenienti da chissà dove – ancora il capo categoria -.

Di conseguenza registriamo da tre anni la morte di imprese, con una flessione di oltre il 20% del parco veicolare circolante con perdite ingenti di posti di lavoro e investimenti in favore di mediatori e imprese straniere concorrenti».«Dobbiamo – è l’imperativo indicato da Presot - far capire alla classe politica, nazionale e regionale, quanto sia urgente rimettere mani sul sistema trasporti anche avendo il coraggio di confrontarsi con gli industriali, con i sindacati, con le autorità preposte (prefetture, porti, aeroporti, strade e autostrade, province, e naturalmente gli enti regionali di competenza). E dobbiamo farlo presto».






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