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CURA DEI FIGLI, DOPO LE LIBERE PROFESSIONISTE BISOGNA PENSARE ALLE IMPRENDITRICI ARTIGIANE

«Se il principio che ha mosso la Regione è quello di riconoscere il difficile compito di conciliare la vita lavorativa con la cura dei figli, non possiamo che essere d’accordo. Ma questo è un tema che attraversa ogni categoria di persone, dai lavoratori dipendenti, giustamente tutelati, a quelli autonomi, che non lo sono affatto. Ed è per questo che auspichiamo che dopo il regolamento che la giunta regionale ha già approvato in via preliminare e che concede contributi a favore di liberi professionisti, uomini e donne, che hanno la necessità di conciliare le esigenze della professione con quelle della maternità e della paternità, si pensi anche alle imprenditrici e imprenditori artigiani. Non riteniamo, infatti, che maternità e paternità, e difficoltà nel conciliare accudimento e lavoro, sia un’esclusiva dei professionisti».

Da qui l’invito rivolto alla giunta regionale, espresso dalla presidente del Gruppo Donne Impresa di Confartigianato Pordenone, Sabrina Ros, a prevedere un nuovo provvedimento, e ad aggiornare gli attuali, in modo tale che si tenga conto «delle esigenze di conciliare lavoro e famiglia degli imprenditori, e soprattutto, delle imprenditrici artigiane».

Il riferimento va al regolamento che si occupa, per l’appunto, di conciliazione per la cura dei figli e del lavoro, proposto dall’assessore al Lavoro, Alessia Rosolen, approvato pochi giorni fa dalla giunta regionale e già passato al vaglio della commissione competente, che prevede la concessione di contributi a favore di professionisti, donne e uomini, che hanno la necessità di conciliare le esigenze della professione con quelle della maternità e della paternità.

Sulla base del regolamento, potranno accedere ai fondi messi a disposizione dalla Regione professionisti (iscritti a ordini, collegi, associazioni) che siano residenti in Friuli Venezia Giulia e svolgano un'attività individuale in uno studio o struttura stabile con sede in regione.

«Le imprenditrici artigiane, perché al di là della forma che parifica i generi, sono soprattutto le donne a dover conciliare lavoro e famiglia – rimarca Sabrina Ros – affrontano le stesse difficoltà delle professioniste, devono ricorrere ai servizi di custodia socio-educativa, ai servizi educativi e ricreativi extrascolastici o a quelli estivi e, ovviamente, anche quelli istituiti per i minori con handicap grave. E spesso le imprenditrici hanno meno “elasticità” di altre donne che svolgono altre professioni, nell’organizzazione della propria attività, vincolate a tempi di produzione, di consegna, di apertura al pubblico, ecc.». «Invitiamo quindi la Regione a riconoscere anche le istanze che arrivano dal mondo dell’imprenditoria femminile – conclude Ros – e a parificare i diritti a fronte di identici problemi».






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