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"RIFORME, RIFORME E ANCORA RIFORME PER USCIRE DALLA CRISE" Le richieste di Confartigianato Pordenone alle istituzioni nel corso dell’Assemblea dei delegati

"RIFORME, RIFORME E ANCORA RIFORME PER USCIRE DALL

«La crisi non si risolve lasciando gli imprenditori da soli. Quando abbiamo detto e ripetuto che questo nostro Paese ha gap competitivi che vanno affrontati e risolti, siamo rimasti inascoltati. Fortunatamente – per i risultati, ovviamente, non per la vicenda – è bastata la crisi Electrolux per rendere palese quella verità. Costo del lavoro, costo dell’energia, tassazione, burocrazia, tempi della giustizia, legislazione farraginosa quando non oscura e inapplicabile, costo dell’apparato pubblico… Sono tutti elementi di scarsa competitività che rappresentano una zavorra insostenibile per tutte le imprese. E ancor di più per le piccole e medie imprese». Così Silvano Pascolo all’assemblea dei delegati convocata a Palazzo Mantica, davanti ad una platea di imprenditori e rappresentanti delle istituzioni. «Provate a far correre il campione del mondo del 100 metri con una palla di piombo al piede… Non solo non sarà in grado di replicare il proprio miglior tempo, ma ben che vada arriverà ultimo. E potrebbe anche non arrivare al traguardo, stroncato dalla fatica, se quel piombo pesasse a sufficienza.
Dunque – ancora il presidente degli artigiani pordenonesi -: è inutile che le nostre imprese investano in innovazione, migliorino l’efficienza, riducano i costi di struttura, arrivino al top delle loro produzioni, se poi devono correre con i pesi di piombo che si chiamano, per l’appunto, imposte, tasse, burocrazia, energia ecc».
Indicato il “tomo” del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, recentemente aggiornato, composto di 804 pagine: «chi mai è in grado di conoscere per davvero quella norma, di comprenderla, di applicarla… Davanti a questo esempio, ma ne potrei fare molti altri, mi vien da dire che è ora – e forse è anche passata – di #cambiarepasso per sostenere davvero le imprese». Pascolo ha quindi parlato dei cambiamenti che stanno investendo anche, e forse soprattutto l’artigianato. «Si sta affermando, anche grazie alle tecnologie, quello che noi diciamo da tempo e che ora ha assunto una veste globale, vale a dire il primato del valore del prodotto e della relazione tra l'imprenditore e il suo cliente, che è una delle caratteristiche fondanti del lavoro artigiano, al di là di ogni costrizione legislativa. A partire dalla stessa legge quadro per l’artigianato che va profondamente ripensata alla luce di questa metamorfosi».
Il digitale cambia il modo di produrre. Il lavoro artigiano diventa protagonista della metamorfosi, la piccola impresa è il modello imprenditoriale del futuro, come dimostra il movimento dei “makers” che abbina l’utilizzo di nuove tecnologie di produzione all’attenzione al mondo di internet, dell’open source, della condivisione dei processi di innovazione che emergono dal basso e si dispiegano su larga scala. Il Made in Italy, poi, rappresenta un discreto valore aggiunto. «Ed è per questo che continuiamo a batterci per difendere quel marchio di identità che molti vorrebbero, invece, cancellare. Rappresenta una tutela per chi investe in innovazione, ma rappresenta una tutela anche per il consumatore che ha il DIRITTO di sapere chi, dove, con quali materie prime è stato realizzato quel prodotto». Da qui l’appello alla Ue per la definitiva approvazione delle norme sul made in. Quindi il governo, a cui Confartigianato Pordenone concede fiducia, ma che sollecita ad affrointare i tanti nodi irrisolti, dal debito pubblico alla riforma del sistema normativo. «Si stima, il numero esatto non è nemmeno noto, che in Italia esistano circa 200 mila leggi. La Germania ne ha 5.500. Una giungla normativa impenetrabile dove esiste tutto e il contrario di tutto. E’ un altro di quei punti su cui è necessario #cambiarepasso. Perche nella selva delle pastoie burocratiche non solo è possibile ma diventa quasi obbligatorio cercare scorciatoie che sono la prima fase del malcostume italico, mai debellato, di cui le cronache ci parlano in questi mesi». «Si parla di semplificazione, di riduzione dell’imposizione fiscale e poi arriva la Tasi, che rappresenta, per le imprese e per i cittadini, un raddoppio secco della tassazione originaria. E’ evidente il bisogno di “fare cassa”. Ed è inaccettabile. Si parla di semplificazione e di riduzione dei costi – ha proseguito Pascolo -, e si mantiene il Sistri. Fortunatamente modificato, certo. Ma è ugualmente inaccettabile, già costato alle imprese 250 milioni di euro letteralmente “buttati” nei rifiuti. Si parla di semplificazione e di agevolare la vita delle imprese, e si ripropone la babele delle scadenze fiscali di metà giugno, e si rivisitano le regole sulla compensazione tra debiti e crediti delle imprese con lo Stato. Si parla di tasse e sburocratizzazione, e abbiamo la conferma che gli italiani pagano 25 miliardi di tasse in più rispetto alla media Ue. Dal 2008 il fisco si è complicato alla velocità di 1 nuova norma a settimana – ancora il presidente di Confartigianato Pordenone -.
Per questo, occorre finalmente il coraggio di ridurre la pressione fiscale che grava su imprese e famiglie, attraverso una rigorosa riqualificazione della spesa improduttiva. Non ne possiamo più di pagare le tasse più alte d’Europa». «La tassazione immobiliare: quella che doveva essere una riforma all’insegna della semplificazione si è trasformata nel groviglio IMU/TASI/TARI sotto l’egida della fantomatica IUC, che ha reso ingestibili i tributi locali. Oggi per stabilire l’importo dei versamenti bisogna districarsi nel labirinto di Minosse delle aliquote, delle detrazioni, delle esenzioni. Si torni a unica imposta sulla casa, accorpando la Tasi nell’Imu e si ammetta apertamente che la prima casa è, in effetti, tassata! Si metta mano urgentemente alla tassazione degli immobili produttivi che non possono essere considerati alla stregua delle seconde case». Quando parliamo di riformare il fisco «non possiamo non aggiungere che il 730 precompilato non basta. E’ il livello di tassazione che è insostenibile, così come è insostenibile la normativa fiscale che deve, e sottolineo deve, essere radicalmente semplificata». «Abbiamo bisogno di cambiamento anche nelle regole sul mercato del lavoro. Ce lo impongono i numeri della disoccupazione giovanile che ha raggiunto percentuali elevate anche nel nostro territorio. Meno regole e più semplici». In tema di credito «i dati mostrano che anche nei primi mesi del 2014 perdurano condizioni restrittive nell’offerta di finanziamenti, in particolare alle piccole imprese. Anche qui invito caldamente a progettare un piano straordinario della Ue sulla falsa riga di quello di salvataggio delle banche, ma questa volta destinato alle imprese. Mille miliardi da destinare al credito all1%, e altri mille per le garanzie, per imprese che presentino piani di rafforzamento patrimoniale e di consolidamento, da restituire a medio e lungo termine, coperti da garanzie erogate dai Confidi, per un ammontare pari all’80/90% del debito. Questo consentirebbe alle banche di liberare risorse, grazie allo spostamento di partite importanti dalle posizioni di sofferenza, da destinare a nuove iniziative, mentre alle imprese di mettersi in sicurezza. E’ una proposta che ovviamente va dettagliata e approfondita sotto l’aspetto tecnico – ha riconosciuto Pascolo -, ma che va nella direzione di salvaguardare quell’enorme patrimonio costituito dalle imprese che, oggi, hanno bisogno di una importante cura a base di antibiotico, e alle quali invece continuiamo a somministrare la tachipirina in dosi da neonato. Continuando nell’esempio: mettiamo a punto la cura giusta, e il paziente si riprenderà rapidamente; diamo al malato la cura sbagliata o inadeguata, e ne mettiamo a rischio la vita». Pascolo ha quindi ricordato i costi elevati per l’energia e i carburanti, ha sollecitato un piano nazionale organico per il recupero e la riqualificazione del patrimonio di edilizia e la riorganizzazione degli spazi urbani, ed è tornato sul tema dell’efficienza della Pubblica Amministrazione.
«Il Governo si accinge a mettere in campo nuove azioni contro la burocrazia. E noi torniamo a chiedere: semplificate la semplificazione! Un altro esempio: da maggio 2011 sono stati emanati 39 provvedimenti, tra leggi e decreti legge, che contengono il rinvio a 290 ulteriori atti normativi di attuazione, per limitarsi a quelli di impatto sulle imprese. Di questi, ne sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale solo 135. Più della metà dei provvedimenti è rimasta, pertanto, lettera morta». «Si vuol pagare davvero l’enorme debito cumulato – e tuttora in via di accumulazione – dalla P.A. per forniture e servizi resi dalle imprese? Noi proponiamo da tempo – fin qui inascoltati – di consentire una civilissima compensazione tra quel che le imprese devono riscuotere dallo Stato e quel che le imprese devono pagare per tasse e tributi. E, per cortesia, nessuno si azzardi a dirci che la forma della compensazione diretta tra debiti e crediti potrebbe dar luogo ad abusi. Basta con i sospetti preventivi, buoni solo a rendere la vita difficile alla stragrande maggioranza degli onesti che hanno fornito beni e servizi alla P.A. Con questa filosofia del sospetto preventivo il nostro Paese è diventato il più grande produttore al mondo di certificati antimafia e di DURC, ma non ha certo risolto il problema della corruzione e degli appalti truccati. Come dimostra la vicenda del Mose». «Si procede invece partendo dalle Camere di commercio rischiando di fare di tutta un’erba un fascio. La Cciaa di Pordenone ha rappresentato per la nostra provincia – non così ovunque in Italia – un elemento importante di guida dell’economia e di incentivo a scelte strategiche quali innovazione, export, internazionalizzazione. E’ stata motore di eventi culturali che hanno, e stanno ancora facendo, economia in questo territorio. Penso al sostegno alle Giornate del Muto, al Consorzio universitario, e soprattutto a Pordenonelegge. Rispetto alla riforma sono convinto che la sensibilità del territorio e la vicinanza siano elementi fondamentali. La nostra, dunque, non è una difesa a priori, ma scaturisce dalla valutazione dei contenuti e dei risultati che un ente vicino al territorio come la Cciaa dà». Pascolo ha quindi concluso con un’altra proposta. «Parte dalla considerazione che abbiamo una legislazione, anche europea, tagliata sulle grandi imprese e applicata alle micro e piccole aziende. Anche sotto l’aspetto sanzionatorio. Questo produce spesso risultati mostruosi.
Il nostro Paese ha un elevato numero di commissioni per le più disparate materie. Bene, io propongo di istituirne una, magari attraverso una proposta di legge popolare, che sia investita del potere di riformare, differire e persino annullare secondo principi di equità e ragionevolezza, tutte le sanzioni amministrative comminate alle micro imprese. Non deve più accadere che un piazzaiolo si suicidi perché la moglie gli ha dato una mano nell’attività. E’ una realtà delle nostre aziende la “commistione”, se così vogliamo chiamarla, tra famiglia e impresa. Le interazioni sono costanti e continue e gli organi deputati al controllo non possono ignorarlo. Chiariamo: non è lavoro nero, è collaborazione. Punto. E non può e non deve essere sanzionata».






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