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STUDI DI SETTORE, E' ORA DI CAMBIARE

STUDI DI SETTORE, E' ORA DI CAMBIARE

Da armi per accertare una presunta disonestà fiscale a strumenti per rafforzare la compliance con l’Amministrazione finanziaria e per premiare la fedeltà fiscale e l’efficienza produttiva delle imprese.

E’ la rivoluzione che Confartigianato e Rete Imprese Italia sollecitano per gli studi di settore. La richiesta è contenuta in un documento che i rappresentanti degli artigiani e delle piccole imprese hanno consegnato al Vice Ministro dell’Economia Luigi Casero. «Quello che Confartigianato chiede al Governo è un ritorno alle origini per gli studi, nati 20 anni fa proprio da un progetto di confronto e condivisione tra il Fisco e le Organizzazioni che rappresentano gli imprenditori – ricorda il presidente di Confartigianato Pordenone, Silvano Pascolo -. All’epoca l’obiettivo era quello di selezionare i contribuenti a rischio di evasione e offrire certezze a quelli in regola. Nel tempo, gli studi di settore sono diventati 204, una macchina sempre più complessa e sofisticata che si applica a 3 milioni e 600.000 soggetti, tra imprese appartenenti ai settori manifatturiero, dei servizi, del commercio e professionisti, con ricavi fino a 5 milioni164.000 euro».

«In questi anni – prosegue Pascolo - le continue revisioni e aggiornamenti li hanno resi capaci di fotografare la situazione fiscale delle imprese anche alla luce della crisi economica. Ma non è mancato, da parte dell’Amministrazione finanziaria, un uso improprio degli studi per fare cassa, sfruttandoli come arma di accertamento». Ora è arrivato il momento di cambiare passo.

E la spinta a rivedere gli studi di settore arriva proprio dal Governo con le indicazioni di politica fiscale 2016-2018 emanate nel dicembre scorso dal Ministro dell’Economia Padoan.

L’obiettivo del Governo consiste nel revisionare gli studi per renderli più efficaci e attendibili, ma al tempo stesso semplificarli e ridurne il numero.

«E’ quindi l’occasione giusta – sostiene Pascolo - per abbandonare una volta per tutte l’uso degli studi come strumento di accertamento fiscale e valorizzarli per premiare il corretto rapporto con il fisco». In pratica, secondo la proposta presentata al Governo, gli studi servirebbero a definire una soglia minima di reddito di riferimento per ogni impresa.

Il reddito prodotto oltre questa soglia godrebbe di una tassazione agevolata. In questo modo, gli studi di settore diventeranno la chiave per ridurre la pressione fiscale sugli imprenditori e migliorare la loro capacità produttiva.






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