L'ASSOCIAZIONE
Chi siamo
Il territorio
Le cariche associative
Le nostre aziende
I gruppi
Inapa
PER I NOSTRI SOCI
I servizi
Rassegna stampa
Comunicati stampa
Notizie categorie
Stampa locale
Circolari
Informatore artigiano
Informimpresa
Contributi economici EBIART per NON AUTOSUFFICIENZA
Trasparenza 2019-2024
News
Sportello on-line
Agenda
Galleria fotografica
Link utili
UNISCITI A NOI!
Fare impresa
Diventa socio!
Scambi
RICERCA NEL SITO
Area riservataAREA RISERVATA

In collaborazione con i

Camera di Commercio

Cata Artigianato FVG



AGEVOLAZIONI
alle imprese


Modulo aggiormento dati
concentro
Accedi ai cataloghi della formazione e dell’internazionalizzazione del sistema economico pordenonese
Regione autonoma del Friuli - artigianato
Pordenone with love
Segno Artigiano
acquistinretepa
Info Sportello MePA
Informativa COOKIES

Informativa Unione Artigiani

Informativa ISVAR

Informativa Un.Art.Servizi

 
Home > Rassegna stampa > Comunicati stampa 

RIPARTIRE DALL'ARTIGIANATO. LE NUOVE SFIDE E PROPOSTE PRESENTATE ALL'ASSEMBLEA DEI DELEGATI DI CONFARTIGIANATO PORDENONE

RIPARTIRE DALL'ARTIGIANATO. LE NUOVE SFIDE E PROPO

“Ripartire dall'artigianato. Idee e proposte per l'economia del territorio. Questo il tema dell'Assemblea dei delegati di Confartigianato Pordenone, consueto appuntamento per discutere dello stato di salute del settore nel Friuli occidentale. Uno stato di salute non ottimo, come ha ricordato il presidente Silvano Pascolo, che ha esordito nella sua relazione «esprimendo la preoccupazione, e quella delle imprese artigiane, per l'andamento dell'economia. Quella che avevamo auspicato essere una ripresa, in realtà è stato un fugace miglioramento del contesto generale che però non si è consolidato.

E' l'Italia ad arrancare, e molti altri Paesi non stanno meglio. Ma questo, ovviamente, non ci consola. La parola d'ordine dovrebbe essere – e lo ripetiamo da anni – il sostegno alla crescita – ha proseguito Pascolo -, invece a me pare che per le imprese ci sia solo sostegno agli ostacoli. Che diventano sempre più ardui, più difficili».Ha usato una metafora il presidente di Confartigianato Pordenone per spiegare lo stato d'animo degli imprenditori. «E' come scalare una montagna. Gli appassionati, non solo gli scalatori ma chi ama passeggiare in montagna, lo sanno bene. Nel percorso verso la meta la fatica è tanta, ma la cima è lì, dietro l'ultima curva, oltre l'ultima salita. La consapevolezza del traguardo rende la fatica sopportabile e la certezza di ciò che troveremo all'arrivo, qualsiasi cosa sia, un panorama mozzafiato, una roccia particolare, o la semplice soddisfazione di avercela fatta, sostiene l'impegno. Bene. Immaginiamo ora che, man mano che procediamo nel cammino, la montagna cresca, diventi via via più alta... e le nostre energie, per contro, scemano... La fatica è improba. Senza traguardo in vista, il coraggio viene a mancare... c'è il rischio concreto della resa – ha detto -.

Ecco. Tante imprese, anche di questo territorio, si sono arrese. Di fronte ad una meta che nemmeno si intravede più, e con la certezza che il carburante nel serbatoio è agli sgoccioli, hanno gettato la spugna: “basta, non ce la facciamo più”. Anche perchè è venuto a mancare l'incoraggiamento del compagno di cordata. In questa metafora, i compagni di cordata sono lo Stato, le istituzioni, il sistema Paese. Un apparato che, anziché incoraggiarci, aggiunge zavorra. Che si chiama fisco, burocrazia, tempi della giustizia, costo dell'energia, norme astruse...». Non bastasse la fatica per l'uscita dalla crisi, altre sfide si aggiungono. «La competizione, sempre più serrata, la quarta rivoluzione industriale ormai alle porte, i nuovi modi di produrre che sono un rischio oltre che un'opportunità, la trasformazione economica in atto di cui sappiamo ancora poco, la concorrenza sleale... Insomma, diciamocelo: il contesto non è dei più amichevoli. Eppure siamo ancora qui. A combattere e a scommettere sulla nostra competenza, sulle nostre capacità, su ciò che sappiamo fare e su ciò che siamo disponibili ad imparare». Pascolo ha quindi parlato delle altre trasformazioni in atto. «Ho letto qualche giorno fa alcune previsioni circa il futuro dei nostri ragazzi. Bene, il 65 per cento di coloro che oggi è a scuola, farà un mestiere che non è stato ancora inventato. La tecnologia sta provocando un mutamento storico del mondo del lavoro, e quindi è conseguenza logica che i ragazzi sceglieranno mestieri che ancora non esistono. Per fare un esempio banale, dieci anni fa chi avrebbe puntato ad una carriera nei social media tipo Facebook o Twitter? O avreste detto che sarebbe esistita una professione come il blogger o lo youtuber? A tutto ciò adesso si aggiungono i robot che portano via i posti agli esseri umani, e la preoccupazione diventa panico». «E dunque? Come qualcuno ha già suggerito per i più giovani la chiave è cambiare l’istruzione. L’approccio seguito finora non regge più, non solo perché bisogna introdurre nelle classi la tecnologia e il digitale. E’ necessario cambiare il modo di affrontare i problemi e risolverli, puntare sul lavoro di gruppo, sulla capacità di pensare fuori dagli schemi. L’abilità di ragionare con l’efficacia di un laser, mirando al cuore pratico delle questioni per realizzare risultati concreti, sarà fondamentale. Stesso discorso per la capacità di gestire i nuovi media e l’informazione, sempre più abbondante e quindi sempre più difficile da selezionare e usare, nel mare dei big data a nostra disposizione.

Decisiva anche la predisposizione a costruire e lavorare in ambienti virtuali, perché il luogo fisico dove si svolge il lavoro somiglierà sempre meno a quello a cui ci siamo abituati nell’ultimo secolo. Molti mestieri che facciamo oggi resteranno, dall’ingegnere all’avvocato, dal medico al programmatore, dal sarto al parrucchiere, ma il modo di farli cambierà al punto di escludere alcuni lavoratori ed esaltarne altri. Non basterà più la laurea, in sostanza, ma diventerà decisiva la capacità di usare e trasmettere le conoscenze possedute. Ecco, in questa definizione ritorna l'artigianato». «L'artigianato – ancora Pascolo - è sempre stato infatti uno dei protagonisti della crescita economica e sociale di questo Paese. E' stato fucina di invenzioni, scoperte, creazioni. E' sinonimo di eleganza, stile, praticità, utilità, bellezza. E' stato generatore di talenti e di ricchezza. E' stata una scuola per generazioni e generazioni di persone che qui hanno trovato il luogo, e il modo, di esercitare il proprio saper fare, le proprie conoscenze, la propria passione. In questi anni di profondi mutamenti l'artigianato, pur innovando, continua ad essere fedele a se stesso e a garantire, a chi lo sceglie, le stesse cose del passato. Anche se, spesso, con più fatica. Non ditemi che sono un sognatore, ma quello che immagino – e lo dico riprendendo il tema già affrontato in passato – è un futuro artigiano. Non solo come mestiere, ma proprio come modalità, come approccio a qualsiasi cosa il futuro saprà inventare. Perchè in qualsiasi futuro, tanto più in quello che vede i robot sostituire gli operai nelle fabbriche – ha aggiunto Pascolo -, ci sarà artigianato». E quindi un'anticipazione: «Anche seguendo queste considerazioni, nei progetti di Confartigianato Pordenone c'è un'iniziativa che punta proprio a costruire questo binomio giovani-impresa, in modo diverso, articolato, puntuale e, speriamo, intelligente e utile. E' in agenda per il prossimo anno e i dettagli contiamo di presentarli nel corso della Giornata dell'artigianato che organizzeremo prima della fine dell'anno. Per dirla in due parole, abbiamo l'ambizione di “costruire futuro” per darlo alle nuove generazioni». Ma se i progetti non mancano, è anche vero che non si realizzeranno se «non ci sarà quel sistema Paese a cui accennavo, se non si creeranno, in sostanza, le condizioni vere per fare impresa. Che oggi non ci sono». Lo confermano i dati sulla natimortalità delle imprese artigiane, ancora in flessione, così come la totalità delle imprese. Il segno meno davanti al saldo tra nate e cessate ormai è una costante da anni. «Eppure si continua a non capire che senza impresa non c'è occupazione, e se non c'è occupazione non c'è crescita né ricchezza da distribuire né risorse per mantenere lo stato sociale». Secondo Silvano Pascolo qualche timido segnale arriva. «Nel corso dell'incontro tra Governo e Confartigianato in vista della finanziaria qualche cenno di attenzione nei confronti dell’artigianato e delle piccole imprese c'è stato.

Non ancora sufficiente, tanto che l'esecutivo è stato sollecitato a completare, ad esempio, il percorso iniziato lo scorso anno di riduzione del carico fiscale complessivo. Pare che il governo sia intenzionato ad accogliere le nostre proposte più importanti. Accanto alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, con la eliminazione degli incrementi di IVA previsti a partire dal 2017, verrà attuata l’IRI che consentirà anche alle imprese personali di beneficiare, già nel 2017, di una tassazione al 24% per i redditi lasciati in azienda, in parallelo a quanto previsto per le società di capitali. Sempre dal 2017 – riassume il presidente -, verranno tassati solo i redditi effettivamente incassati dalle imprese in contabilità semplificata. Un beneficio che riguarderà circa l’87 % delle imprese personali. Il Governo ha assunto anche l’impegno di rivedere le norme sugli studi di settore per trasformarli da strumento di accertamento a strumento di compliance, eliminando in questo modo, per i contribuenti ad alta affidabilità, la minaccia delle verifiche fiscali, attraverso un meccanismo premiale rafforzato. C'è anche l’impegno a proseguire con energia sulla strada delle semplificazioni contabili, e la riconferma delle detrazioni per le ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche degli edifici e l’acquisto di mobili, nelle stesse misure oggi in vigore. Contestualmente abbiamo chiesto di arrivare, anche gradualmente, alla deducibilità completa dell’IMU dal reddito di impresa, e la necessità di definire l’autonoma organizzazione, per escludere con certezza migliaia di piccole imprese dal pagamento dell’IRAP». «Abbiamo registrato l’ apertura del Governo sul tema degli sgravi per il Welfare contrattuale, per l’esigenza, ribadita ed accolta, di un piano che preveda formazione e digitalizzazione, e per gli sgravi sulla contrattazione di 2° livello per le micro e piccole imprese.Bene, ma alle dichiarazioni d'intenti occorre passare ai fatti – è l'esortazione -. E sarà difficile farlo se quelle riforme, che sollecitiamo da tempo, le uniche che possano davvero incidere sulla spesa pubblica, non vengono attuate». «E quando parlo di spesa pubblica, ovviamente non mi riferisco alle pensioni, che è l'unica materia in cui, manovra su manovra, si interviene penalizzando i lavoratori. Dipendenti e indipendenti. Ci sono altri settori in cui si dovrebbe intervenire con determinazione, e dove invece anziché usare l'accetta si sceglie la lima per unghie. Penso all'apparato pubblico nel suo complesso. Tante competenze sono state trasferite dallo Stato a Regioni e Comuni. Ma il personale statale non è diminuito – sottolinea Pascolo -. Da un lato si esalta la diminuzione del peso del fisco statale, ma ci si dimentica che quello locale è costantemente in crescita. E senza alternative, visto che lo Stato ha sì trasferito competenze ma non risorse che gli enti devono andare a recuperare direttamente nelle tasche di cittadini e imprese. Questo sistema deve essere riformato. Non vi sono più alternative». «La crisi – ha aggiunto - non è alle nostre spalle, è dentro e davanti a noi. E' una trasformazione epocale i cui contorni sono ancora difficilmente visibili. Navighiamo a vista e senza bussola. Ma non possiamo continuare a farlo se oltre a impegnarci per cercare un approdo dobbiamo anche difenderci da un sistema che prosciuga tutte le nostre risorse. E a proposito di prosciugare, una delle condizioni per sostenere la ripresa deve essere il credito. Che invece non c'è. Abbiamo assistito nell'ultimo anno ad una dissipazione di ricchezza senza precedenti. Il riferimento va alle banche venete che hanno sfiorato il default non senza aver bruciato i risparmi di decine di migliaia di cittadini, soprattutto piccoli imprenditori – ancora Pascolo -. Molti sapevano, e sapevano da tempo, ma nessuno si è mosso. O meglio, lo hanno fatto quando il disastro era ormai consumato. Le responsabilità, a mio avviso, sono di molti, anche e soprattutto di un sistema di vigilanza che non ha svolto con coscienza il proprio compito. E il conto lo hanno pagato altri. Il sistema bancario italiano in generale è in sofferenza. E a pagarne lo scotto, guarda caso, sono sempre ancora le imprese. Anche qui servono regole nuove che non possono essere soltanto quelle di Basilea. E' la politica che deve dettare le regole, fissare le condizioni e farle rispettare. Non può valere solo la legge del più forte. Ci vogliono intelligenza, equità e onestà, che purtroppo non sono leggi di mercato ma di etica. Questa sconosciuta...» «Cercheremo di far capire tutto questo anche a chi ci è fisicamente più vicino, ovvero la Regione – ha concluso Pascolo -, sollecitando scelte che vadano nella direzione di sostenere le imprese e l'economia di questo territorio che ha ancora molto da dire e da dare, al di là del venir meno dell'istituzione Provincia».

L'Assemblea dei delegati si è quindi conclusa affidando a Gigi Di Meo, giornalista e direttore di Telepordenone, il compito di presentare il suo ultimo libro, “La freccia nera”.






Camera di CommercioArtigianinetTelemar