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ANCORA UNA VOLTA PER "FARE CASSA" SI TARTASSANO LE PICCOLE IMPRESE LE CRITICHE DI CONFARTIGIANATO PORDENONE ALLA FINANZIARIA DI PRIMAVERA

ANCORA UNA VOLTA PER "FARE CASSA" SI TARTASSANO LE

«Si dice che la manovrina di primavera, imposta dalla Ue all'Italia e che vale 3,4 miliardi di euro, non aumenta le tasse.

Forse è vero, ma di certo la maggior parte dei soldi il Governo li sfila dalle tasche delle piccole imprese.

Per circa 2 miliardi!» Così Silvano Pascolo, presidente di Confartigianato Pordenone, commenta la manovra varata dal Governo e di imminente entrata in vigore.

«L'esecutivo è sempre più abile nei giochi di prestigio, tanto che come con il gioco delle tre carte, il ministro Padoan ci ha ridotto, sotto il naso, il diritto alla detrazione dell'IVA, ci ha sospeso per 9 mesi il diritto alla compensazione dei crediti, cancellato le recenti e convenienti regole per la detassazione dei marchi che potevano finalmente favorire il Made in Italy».

«E non è finita – prosegue Pascolo -. Volendo appena approfondire la questione, in tema di compensazioni dei crediti erariali, dall'entrata in vigore della “manovrina”, i crediti Irpef, da addizionali, Irap e Iva potranno essere compensati con altre imposte solo dopo la presentazione della relativa dichiarazione dei redditi e, per importi sopra i 5.000 euro, solo con un visto di conformità apposto sulla dichiarazione stessa (soglia oggi fissata a 15.000 per i crediti diversi dall'Iva). Un adempimento questo, che costerà dai 150 ai 300 euro in più alle imprese.

Inoltre, il congelamento dei termini per le compensazioni farà sì che, ad esempio, il credito Irpef scaturente dal periodo d'imposta 2017 e superiore a 5.000 euro, potrà essere utilizzato solo dopo la presentazione della relativa dichiarazione dei redditi, quindi, dopo settembre 2018». Altro colpo per le imprese, sarà rappresentato dalla riduzione al diritto alla detrazione dell'Iva pagata sulle fatture d'acquisto, da i due anni, ad uno. Volendo esemplificare: nel caso di una fattura datata 2016 ma non registrata nel 2016 e, quindi, la cui Iva non è stata detratta per il 2016, con l’attuale normativa è possibile detrarre l'imposta relativa alla fattura entro aprile 2019 (termine di presentazione della dichiarazione Iva del 2° anno successivo al 2016, quindi relativa al 2018), mentre a seguito dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, la detrazione dell’Iva relativa alla fattura in esempio, avrebbe potuto essere esercitata al massimo entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa al 2016, ovvero, entro il 28 febbraio 2017. Non bastasse: «Non vi è alcun periodo di transizione: le nuove regole dovranno applicarsi già alle dichiarazioni fiscali ormai alle porte». E in tema di rottamazione ruoli e concessione del Durc non mancano le (amare) sorprese. In febbraio era stata promessa l'ufficialità circa il rilascio del Durc alle imprese che aderiscono alla rottamazione delle cartelle, senza aspettare necessariamente il versamento della prima rata, previsto per luglio 2017.

Tuttavia, l'ufficialità ha visto la luce solo con il decreto in questione, recentemente approdato in Gazzetta. Peccato che il termine per la presentazione dell'istanza di adesione alla rottamazione è già scaduto il 21 aprile 2017».

Anche lo split payment sarà protagonista della manovrina di primavera.

Il tanto odiato meccanismo di liquidazione dell'Iva si estenderà a professionisti, ad altre società controllate dallo Stato e non solo. Con l'inevitabile effetto collaterale già sperimentato: riduzione di liquidità e Iva a credito da compensare per le imprese. Un evidente passo indietro viene fatto anche riguardo agli aiuti per le imprese che reinvestono gli utili al loro interno (Ace). Infatti, l'orizzonte temporale su cui calcolare il bonus fiscale per la capitalizzazione delle imprese, viene ridotto.

Lo stesso risultato dicasi per le imprese che hanno sfruttato la cosiddetta Patent Box sui marchi.

Con la correzione contemplata nella manovrina, questi ultimi vengono esclusi dal beneficio della detassazione. In questo contesto critico, non si tralasci poi la sempre più ambigua ed inquietante funzione dei nuovi indicatori di affidabilità fiscale, eredi degli studi di settore, in vigore già per l'anno in corso ma ancora nei meccanismi sconosciuti ai più.

«Quel che è peggio - conclude Pascolo - è che tutti questi stravolgimenti normativi, peggiorativi per le imprese, non si spiegano alla luce dei dati sulle entrate tributarie erariali versate con modello F24 nel periodo gennaio-novembre 2016.

Secondo i dati diffusi dal Mef, infatti, queste ultime sarebbero in crescita del 3,6% rispetto al 2015. Nonostante il numero delle partite IVA, per lo stesso periodo di riferimento, sia in calo del 5-10%.

La triste ed amara consolazione è che tutto ciò di cui si adduce risponde, in maniera sempre più evidente, ad una mera e sempre più assetata esigenza “di cassa” per il nostro Paese, con conseguente ingiusta e costante contrazione dei consolidati ed equi diritti, acquisiti per legge dalle imprese».






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